In una realtà sempre più medicalizzata è quasi utopico pensare e sperare che la donna riacquisti il suo potere durante il parto.
Il parto è ormai fatto di fari da concerto, temperature da celle frigorifere, rilevatori di battito cardiaco legati sui pancioni, ossitocina sintetica iniettata come fosse acqua e zucchero, epidurale dopo la quale la donna tutta fiera racconta “Che meraviglia non ho sentito nulla! Nemmeno le spinte!”
Avere un bambino insomma assomiglia sempre di più ad avere una malattia e non ad una possibilità di crescita.
In questa realtà tutta chimica non conviene più a nessuno riflettere su cosa stia succedendo e come tutto sia cominciato. Ognuno ha i suoi vantaggi, persino la donna depredata!
 
Che cosa possiamo fare noi come operatori? Qual è allora il nostro compito?
Possiamo accompagnare la coppia genitoriale nel processo che li condurrà all’accoglienza del proprio bambino puntando tutto sull’importanza della relazione, sul bonding.
E’ vero che non possiamo impedire che il neonato abbia un parto traumatico, né tanto meno sperare troppo che un giorno si torni al parto dolce, ma è anche vero che la relazione d’amore può crearsi solida e sicura nonostante le premesse.
 
Ed è quindi alla relazione che bisogna puntare.
La relazione triadica madre-padre-bambino inizia sin dal concepimento.
Sapere dunque cosa accade durante i nove mesi di gravidanza al proprio bambino e quali competenze sviluppa, sensibilizza la coppia.
Lavorare sulla relazione che si sta tessendo permette di lavorare a un livello emotivo molto profondo pur non facendo alcun intervento terapeutico.
 
Questo perché le modificazioni che avvengono nella madre le consentono di stare  più aperta alle emozioni e di regredire. La regressione è necessaria alla donna per riviversi il suo rapporto precoce con la propria madre. Ripercorrere la sua storia serve a separarsi dal ruolo di figlia per assolvere il ruolo di madre.
Anche il padre, se il suo legame con la donna è profondo e complice, si ritroverà nella stessa situazione e dovrà affrontare il passaggio da figlio a padre.
 

La relazione dei nove mesi!

Fare l'amore libera energia! Fare l'amore libera gioia! Fare l'amore libera ossitocina!

L’ossitocina detto ormone dell’amore è un ormone importantissimo per la relazione d’attaccamento.
La vita di un bambino inizia con un picco di ossitocina!

L’orgasmo che suggella il concepimento è un momento di intenso piacere al quale segue un momento di estasi rilassata. Il corpo è caldo, vibrante e rilassato. C’è uno stato di torpore. E nel sangue circola l’ormone dell’amore, e altri ormoni detti endorfine, tra cui la vasopressina.
Questo assetto ormonale, avvenuto il concepimento, accompagnerà la donna per tutta la gravidanza influenzando sia la maggiore apertura emotiva propria di questo periodo sia i cambiamenti corporei a cui la donna andrà incontro.

Il bacino si modifica, l’utero inizia un’attività contrattile per prepararsi ad accogliere, la temperatura corporea cambia, vi è un’elevata sonnolenza e la presenza di un odore molto diverso che assomiglia all’odore umorale di cui i corpi di due amanti si impregnano durante l’atto d’amore.

Attraverso l’azione feromonale la donna “suggerisce” al suo partner di cambiare i suoi ritmi. Quindi l’assetto ormonale della donna determina, per un’azione a distanza, un cambiamento ormonale anche nell’uomo, che inizia ben presto a sembrare “incinto”! Sono noti i papà che durante la gravidanza sono presi da una sonnolenza improvvisa alla quale non riescono a sottrarsi proprio come le donne!

Nell’uomo scendono i livelli di testosterone e circola ossitocina e vasopressina. In conseguenza di ciò l’uomo passa da una modalità attivo-aggressiva a una modalità di relazione-azione più accogliente e tenera. Il calo di testosterone aiuta l’uomo ad entrare, inoltre, in maggior contatto emotivo con la sua parte femminile che gli permette di sintonizzarsi con il bambino e dopo la nascita consente la formazione di un forte legame di attaccamento.

La relazione al concepimento inizia a tessersi. All’inizio è fatta proprio di messaggi ormonali. Il bambino comunica con sua madre grazie alle sostanze che da lei arrivano. Arrivano poi il tatto, il suono, l’olfatto.
E al sesto mese di gravidanza  il bambino è già in grado di stabilire una relazione con i suoi genitori attraverso tutti i suoi organi sensoriali. Non solo, la relazione è già una relazione il cui ponte sono le emozioni.
Il teatro emotivo è il corpo.

 

Il passato di una persona è il suo corpo.” (Alexander Lowen)

Questa frase non vuol dire solo che il corpo è lo scenario emotivo dell’individuo. Vuol dire che nel nostro corpo sono conservate le memorie più antiche; quelle che influenzano la nostra vita affettiva.

“Ascolto, reagisco, esisto” evidenziava Alfred Tomatis, per sottolineare l’importanza del legame sensoriale. Sembra che il primo attaccamento non sia attraverso lo sguardo, né attraverso il contatto viscerale che si crea nell’allattamento. Il primo latte è il suono!
In una società dominata dal “Cogito ergo sum” cartesiano, è importantissimo passare alla coppia genitoriale queste informazioni.
Se una madre vive serenamente la sua gravidanza al feto arriverà in circolo l’ossitocina e le endorfine. Arriverà un odore materno dolce. Un suono cardiaco lento e regolare. Sentirà il rilassamento e il calore dell’utero che lo accoglie.

Ma se la madre vive in maniera poco serena la sua condizione o se in un momento di essa prova emozioni negative queste arriveranno al suo bambino. Avremo un quadro molto diverso, fatto di adrenalina e cortisolo; di un’odore acre; di un battito cardiaco accelerato e aritmico.

Tutto ciò pone due punti di riflessione.
Il primo indica che lo sviluppo del bambino inizia prestissimo. Se il bambino è capace di stabilire una comunicazione emotiva già nella pancia, forse è ragionevole pensare che i suoi problemi affettivi possano inziare in vita prenatale. La seconda riflessione riguarda un altro punto fondamentale ossia la consapevolezza psico-corporea.

Essere consapevoli del proprio corpo, delle proprie emozioni ha un significato molto profondo. Significa non solo essere in grado di sentire le proprie sensazioni corporee; di esprimere e riconoscere le emozioni, ma anche di poterlo fare in maniera integrata.
Quando corpo e mente sono in dialogo vi possono essere anche emozioni negative. Certo queste arriveranno comunque al bambino ma in maniera diversa. Sua madre sarà in grado di sentirle e viverle; sarà in grado di starci e di capire cosa sta vivendo. Questa consapevolezza è ciò che permette al bambino di sentire che ciò che accade per quanto non sia piacevole è qualcosa che non lo include, che non riguarda sé e la sua relazione con la madre.

In questa società sempre più frenetica avere una consapevolezza psico-corporea è una rarità. Ci sono ritmi che ci richiedono sempre meno attenzione a noi stessi per poter essere efficienti al massimo.
Per questo, è importante che una coppia possa fare affidamento su qualcuno che lavori per renderla fiduciosa e salda; qualcuno che sia in grado di scorgere, per ravvivarle, le risorse dei genitori, perchè facciano da faro nel buio di una società ormai sempre più indifferente!
 

Sostegno alla Genitorialità
Perche’ ricorrere ad un sostegno alla Genitorialita’

E’ chiaro ed evidente che Genitori non si nasce, e che tutto sommato non c’è una scuola sicura dove imparare a gestire e crescere i propri figli, come si puo’ imparare a cuocere la pasta, o a fare un rammendo.

Quasi sempre Genitori ci si improvvisa, come si può, cercando di modellarsi in base alle esperienze dirette o indirette.
Mi spiego: molto spesso tendiamo a voler riprodurre il modello delle nostre famiglie, perché ci sembra buono, o a voler fare esattamente il contrario perché la nostra esperienza è stata tragica…

Ma ovviamente non sempre si riesce, e il senso di fallimento ed inadeguatezza è dietro l’angolo.
Ci sono molte ragioni socioculturali che spiegano questo fenomeno.
Innanzitutto la solitudine e l’isolamento che le madri spesso vivono. Le persone si conoscono a malapena, intrattengono rapporti spesso solo formali, e non ci si sente liberi di chiedere aiuti e consigli su temi così delicati e che comunque appartengono alla sfera dell’intimità. I nonni, che sono una risorsa fondamentale delle famiglie, spesso sono lontani, vengono a supporto nei primi giorni dopo il parto, ma poi tornano alle loro città ed alle loro necessità.

I padri hanno orari e ritmi di lavoro che li tengono fuori di casa per gran parte della giornata, delegando la gestione dei figli alle madri, quando sono presenti si sentono a volte di troppo, non sanno come intervenire a supporto della compagna, sono stanchi e non sempre disponibili ad iniziare un “secondo lavoro” casalingo. Del resto è anche vero che la madre stando molte più ore a contatto con il figlio comprende meglio i suoi segnali, lo accudisce con più dimestichezza, e tende a volte ad essere molto critica e direttiva nei confronti del papà.

Questo quadro di solito è molto frustrante per entrambi.
La nascita di un bambino crea uno squilibrio profondo in una coppia, che deve ristabilire spazi e tempi, cercando di salvaguardare la propria intimità, ma anche di integrare armoniosamente tutti i componenti del nucleo.

Spesso le domande che le madri rivolgono allo psicologo sono riconducibili a situazioni molto quotidiane:
Come posso fare per togliere il ciuccio?
Come mi comporto quando dice le parolacce?
Perché avevamo tolto il pannolino senza problemi e adesso siamo tornati indietro?

A volte semplicemente confrontarsi con altre coppie di genitori aiuta moltissimo.
* Innanzitutto si esce da un isolamento fisico, e si sa che l’attivazione ed il movimento sono nemici della depressione e dello sconforto. Avere un impegno fuori casa in generale fa bene, se questo porta ad uno spazio dove poter svolgere anche attività dinamiche, a volte più impegnative, a volte più giocose, sapendo che portare i propri figli non rappresenterà un problema o uno stress, sicuramente è qualcosa che già aiuta.

* In secondo luogo ci si accorge di avere molti problemi in comune, e questo migliora l’umore e riduce l’ansia. Non ci si sente più inadeguati, incapaci, a volte ci si può sentire in alto mare, ma si acquisisce la consapevolezza che ci sono molte altre persone sulla stessa barca.

* Infine permette di costruire una rete di amicizie, e contatti con persone che possono comprenderci, condividere le nostre preoccupazioni, guidarci nella ricerca di risposte e soluzioni efficaci, che magari ci aiutino a vivere il faticoso ruolo di genitori con più leggerezza e gratificazione..

Anche se i figli, che sono forse la gioia più grande nella vita di un individuo, saranno impegnativi e faticosi sempre… proprio per questo è importante imparare a recuperare tutte le proprie energie e direzionarle in modo efficace!

 

COME FUNZIONA:

L’obiettivo degli incontri è quello di sostenere e rafforzare le competenze genitoriali intrecciando dialoghi di reciprocità e alleanza tra le famiglie e costruire una rete di relazioni e di sostegno.

Gli incontri, condotti da psicologi, mirano non soltanto ad offrire informazioni, orientamento e sostegno per conoscersi meglio ma a favorire l’ acquisizione di nuove modalità di stare nella relazione con i propri figli, con spontaneità, consapevolezza, favorendo processi di cambiamento attivatori di strategie per la soluzione di problemi quotidiani.

La metodologia degli incontri prevede stimoli teorici (pochi, ma indispensabili!) e pratici (soprattutto), confronti e discussioni aperte all’interno del gruppo, attività di problem solving, lavori di gruppo guidati dall’operatore.

Le tematiche specifiche di ogni incontro saranno individuate, durante una prima serata di presentazione, congiuntamente dalle famiglie partecipanti e dagli psicologi a partire da un ventaglio di proposte di approfondimento in modo tale che il percorso sia quanto più possibile tarato sulle esigenze specifiche dei partecipanti, sulle problematiche reali del loro vissuto genitoriale.

 

CALENDARIO DEGLI INCONTRI:

Gli incontri avranno cadenza mensile e si svolgeranno presso la nostra sede di Via Chioggia, 5.